News

Il Dantedì

Pubblicato il: 25/03/2020

Era il 25 marzo del 1300 quando Dante iniziò il suo celebre viaggio sapientemente descritto nella sua più importante opera, La Divina Commedia, ed è proprio a partire da quest’anno che il Consiglio dei Ministri ha deciso di ricordare in questa giornata uno dei poeti che hanno dato una svolta decisiva all’evoluzione della lingua e della letteratura italiana.

Senza dilungarci troppo negli aspetti prettamente “scolastici” che sicuramente ciascuno di noi assocerà a momenti spensierati sui banchi di scuola, ci piaceva riportare un passo della Divina Commedia inerente la descrizione del Paradiso Terrestre, quell’angolo che magari ognuno di noi, nel suo piccolo, cura nel giardino o nel terrazzo.

Il Paradiso Terrestre al canto XXVIII del Purgatorio appare come un luogo incontaminato ubicato alla cima del Monte Purgatorio dove la natura si è appropriata di tutti i suoi spazi in armonia con gli esseri viventi che lo popolano.

Esso si presenta come una foresta “spessa”, fitta, ricca di alberi di ogni genere ma soprattutto pullulante di vita, dove un’immensità di uccelli svolazzano e nidificano.

In questa dolce dimensione Dante sembra quasi farci sentire il lieve venticello il cui soffio fa oscillare le fronde degli alberi quel poco che basta a non recare disturbo agli uccellini(augelletti) impegnati a saltellare e cantare tra un ramo e l’altro con l’animo predisposto ad accogliere con letizia le prime ore del giorno accompagnati nel loro canto dallo stormir delle foglie al vento.

Già solo questa immagine contenuta nei primi versi ci conferisce una visione del senso della vita nella sua purezza, innocenza ed essenzialità.

Il Paradiso Terrestre è dunque quel luogo che viene definito locus amoenus, quel luogo reso piacevole da elementi naturali quali fiori, alberi, corsi d’acqua, uccelli e animali selvatici, tutti elementi in armonia l’un l’altro, ma è anche lo stato d’animo di chi osserva il mondo con un sentimento di limpidezza, bellezza e speranza nel cuore.

Dal canto XXVIII del Purgatorio:

Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch’a li occhi temperava il novo giorno,

sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d’ogne parte auliva.

Un’aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento;

per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u’ la prim’ombra gitta il santo monte;

non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d’operare ogne lor arte;

ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,

tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su ‘l lito di Chiassi,
quand’Eolo scilocco fuor discioglie

>> Leggi tutto il canto


← Torna alle news

Sito in rinnovamento

Stiamo lavorando alla nuova versione del sito web, nel frattempo vi invitiamo a visitare il nostro portale sul Wedding

Vai al portale Wedding